martedì 31 gennaio 2012

Interferenti endocrini - endometriosi.


CONTAMINANTI EMERGENTI

IL PROBLEMA DEGLI INTERFERENTI ENDOCRINI


Da qualche anno la comunità scientifica sollecita una regolamentazione più severa per gli interferenti endocrini (IE). La gente conosce poco queste sostanze ormai presenti in diversi alimenti e considerati contaminanti ubiquitari. Numerose sono le sollecitazioni firmate dall'Istituto superiore di sanità su questo argomento. Una delle ultime riguarda il pesticida clorpirifos, accusato di alterare la regolazione ormonale. La questione è molto delicata perché stiamo parlando di un insetticida molto utilizzato ritenuto la causa di patologie come la perdita di memoria e l'insonnia rilevate tra i lavoratori esposti a queste sostanze. Lo studio pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives, ha dimostrato che gli animali da laboratorio esposti a quantità di pesticida inferiori alle soglie di tossicità sinora individuate, provoca effetti negativi permanenti nel "dialogo tra sistema nervoso e sistema endocrino", alterando la produzione di due proteine come l'ossitocina e la vasopressina. Il problema riguarda soprattutto le donne in gravidanza (e quindi il feto) e i bambini che durante la crescita hanno bisogno di un corretto equilibrio ormonale. L'aspetto inquietante della vicenda è che l'esposizione a livelli "non tossici" di clorpirifos del feto o del topino neonato provoca effetti negativi rilevabili nell'organismo adulto, con una maggiore criticità nei maschi. Se le problematiche verranno confermate anche questo pesticida entrerebbe a fare parte del gruppo di sostanze che provocano disturbi ormonali, con ripercussioni negative, sullo sviluppo neurologico o sulla fertilità. L'auspicio del mondo scientifico è che queste ricerche siano lo spunto per rivedere i limiti massimi di residui (LMR) ammessi in modo da tutelare la salute di bambini e neonati in quanto più suscettibili degli adulti. La lista degli IE purtroppo è lunga e comprende, oltre alle famose diossine, anche i ritardanti di fiamma utilizzati in apparecchiature elettroniche, nei tessuti di arredo, nelle tappezzerie. «Il problema è serio - sottolinea Alberto Mantovani tossicologo dell'Istituto Superiore di Sanità - perché i ritardanti di fiamma sono diffusissimi, ma non esistono limiti per gli alimenti. Si tratta di sostanze poco biodegradabili che, disperdendosi nell'acqua e nel terreno si accumulano nel grasso degli animali, e finiscono inevitabilmente nella catena alimentare, col risultato di essere ingeriti dall'uomo attraverso latte, carne, pesce.... Anche il Bisfenolo A, che negli ultimi anni è stato oggetto di numerosi studi di tossicità è considerato un IE. Negli Stati Uniti le autorità sanitarie lo ritengono una sostanza il cui uso va ridotto perché provoca rischi per il feto. Al riguardo l'Efsa ha escluso nel 2006 problemi di tossicità relativi alla presenza di Bisfenolo A in alcuni tipi di biberon per bambini, per i livelli molto bassi di bisfenolo che verrebbero rilasciati. E' in corso da parte dell'EFSA un approfondimento su questo argomento che prende in esame gli studi più recenti. Una prima regolamentazione dovrebbe provenire dal Reach ( il nuovo regolamento europeo sulle sostanze chimiche). Le norme prevedono la registrazione obbligatoria per tutti gli IE e la presentazione di dossier molto accurati sulla sicurezza e la tossicità. La seconda fase del Reach prevede l'indicazione di una data di scadenza, oltre la quale sarà vietato l'impiego. L'aspetto interessante della vicenda è che da anni è possibile sostituire alcuni IE, tanto che le aziende più attente all'ambiente e alla salute dei consumatori lo fanno. NUOVE ACCUSE AI PESTICIDI La cronaca registra la presa di posizione del Parlamento europeo che il 13 gennaio 2009 ha adottato restrizioni molto severe contro l'uso spregiudicato in agricoltura dei fitofarmaci considerati mutageni e interferenti endocrini o Pbt (persistenti bioaccumulativi tossici) -sostanze che si degradano molto lentamente nell'ambiente e si accumulano nei tessuti adiposi dell'uomo e degli animali). È in preparazione un elenco di sostanze da vietare (si parla di 14 pesticidi considerati "fuori legge" e di altri 8 sui quali il giudizio è sospeso solo in attesa di alcune prove, ma l'elenco finale potrebbe essere più numeroso). La direttiva invita gli Stati membri ad adottare (entro 3 anni) piani nazionali per ridurre l'uso dei pesticidi, a ridimensionare l'agricoltura industriale, a privilegiare quella biologica e metodi di coltivazione che utilizzano insetti o piante antagoniste al posto dei pesticidi; si invitano, inoltre, le aziende agricole ad usare varietà di piante più resistenti ai parassiti, fertilizzazioni più equilibrate e ad alternare le colture. L'uso dei pesticidi sarà vietato in parchi, giardini pubblici, campi sportivi, cortili delle scuole e anche in prossimità di strutture sanitarie. Risulta chiara la volontà dell'Ue di intervenire in modo deciso , anche se la normativa contiene alcuni compromessi come la possibilità di utilizzare queste sostanze fino alla scadenza delle specifiche autorizzazioni (da 1 a 10 anni) e si potrà derogare ai divieti in caso di gravi emergenze fitosanitarie, come infestazioni particolarmente virulente. La norma europea prevede che i cittadini siano informati sui pericoli dei pesticidi. Secondo i dati ufficiali, in Italia l'1,2% della frutta e della verdura presenta pesticidi superori ai limiti di legge e il 30% contiene residui nei limiti consentiti. Sono dati in linea con quelli degli altri Paesi europei; ciò non toglie che una parte non indifferente delle 150 mila tonnellate di prodotti chimici utilizzati ogni anno nei nostri campi finisca nelle acque di superficie (corsi d'acqua e laghi) e nelle falde sotterranee che alimentano gli acquedotti. Questo problema emerge anche nel rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), organismo pubblico che si occupa tra l'altro di monitorare l'impatto dei composti chimici usati in agricoltura e nell'industria, pubblicato nel dicembre 2008. Il rapporto rivela che nel nostro Paese il 57,3% delle acque superficiali contiene tracce di pesticidi; nel 36,6% dei casi oltre i limiti previsti per l'acqua potabile. Per le falde sotterranee la contaminazione riguarda il 31,5% dei siti esaminati. I limiti di potabilità sono superati nel 10,3% dei casi, situazioni che escludono l'utilizzo delle acque stesse come fonte per acquedotti. Controlli e analisi hanno riguardato (nel 2006) 3400 siti: le sostanze rilevate sono state 131, soprattutto erbicidi, come la terbutilazina (usata nelle coltivazione di sorgo e mais) presente, per esempio, nella metà dei campioni della pianura Padana. Il dato più allarmante riguarda, tuttavia, la presenza generalizzata di atrazina, erbicida vietato 17 anni fa, ma ancora molto presente nelle acque sia di superficie sia sotterranee (17%), a riprova della lunghissima persistenza di alcuni pesticidi nell'ambiente. ANCHE LA FALDA E' TROPPO INQUINATA Il carico di sostanze chimiche utilizzate nei campi negli ultimi trent'anni fatica ad essere "metabolizzato" dal terreno, e ha raggiunto le acque sotterranee contaminandole, come conferma la ricerca dell'Ispra. L'acqua delle falde contaminate oltre i limiti consentiti non serve gli acquedotti, tuttavia è legittima una certa preoccupazione. L'effetto tossico cumulativo dovuto alle sostanze chimiche presenti sia pur in quantità inferiori ai limiti di legge non è conosciuto.
 
Gli interferenti endocrini potrebbero essere migliaia e si trovano un pò dappertutto nell'aria, nell'acqua, nel cibo. Secondo gli studiosi esistono 209 ritardanti di fiamma, un centinaio di ftalati e anche gli altri gruppi sono numerosi. Le ricerche scientifiche per valutare la tossicità di un composto sono costose e necessitano di molto tempo. Per questo motivo i dati tossicologici a disposizione riguardano solo una minima parte di queste sostanze, e negli altri casi non ci sono valori sperimentali. Per risolvere il problema - spiega Paola Gramatica direttore del Dipartimento di Biologia Strutturale e Funzionale dell'Università dell'Insubria di Varese - ci è stato affidato un progetto Europeo e uno nazionale che studia modelli matematici in grado di valutare le reazioni degli interferenti endocrini, sulla base della loro struttura chimica (QSAR). Grazie a metodi di calcolo computazionale e algoritmi sofisticati possiamo stabilire con una buona approssimazione la tossicità di quasi ogni sostanza. Si tratta di modelli previsionali impiegati anche in medicina per valutare se le strutture molecolari di un nuovo farmaco possono risultare efficaci». Questo sistema di previsione è un sistema è molto importante perché indirizza la ricerca focalizzando l'attenzione sui modelli a rischio, fa risparmiare tempo e accelera i responsi tossicologici. Sostanze nocive più presenti nelle acque: - Atrazina:erbicida, vietata da 17 anni, considerata interferente endocrino. - Terbutilazina:erbicida usata per mais e sorgo, sospettata di essere potenziale interferente endocrino. - Bentazone:erbicida usato per riso e frumento, interferisce con tiroide, cancerogeno - Metolaclor:diserbante usato per mais, soia, barbabietola zucchero, non autorizzato dal 2003, interferisce con tiroide * Numero di principi attivi utilizzati come antiparassitari in Italia 350 * Numero di principi attivi riscontrati nelle acque superficiali 125 * Numero di principi attivi riscontrati nelle acque sotterranee 52 * Il 57,3% delle acque superficiali contiene tracce di pesticidi. Nel 36,6% dei casi si superano i limiti previsti per l'acqua potabile. * Il 31,5% delle acque sotterranee contiene tracce di pesticidi. Nel 10,3% dei casi si superano i limiti previsti per l'acqua potabile. Schede delle sostanze CLORPIRIFOS E' uno degli insetticidi più utilizzato in agricoltura. Secondo uno studio dell'UE il consumo è di 1220 t l'anno, una quantità corrispondente al 15% della quota totale di pesticidi utilizzati ! Regolamentazione e limiti di legge Recenti studi hanno calcolato che i bambini di età inferiore ai 36 mesi sono esposti a molteplici fonti,per cui i valori risultano 10 volte superori all'ADI ( mg/kg/day). Per questi motivi negli USA è vietato inserirlo nelle formule degli insetticidi domestici e di quelli utilizzati nei parchi o nei giardini pubblici. I parametri attuali possono non essere appropriati. Occorre ancora valutare il rischi di esposizioni per lunghi periodi a basse dosi. Effetti sulla salute Interferiscono negativamente con il neurosviluppo dell'uomo, soprattutto sui bambini. FTALATI Gli ftalati sono contenuti in un numero spropositato di oggetti tanto che la loro presenza viene ritenuta ubiquitaria. Sono aggiunti in quantità variabile (dal 30 al 50%) alla plastica (PVC) per renderla flessibile e quindi idonea agli usi più svariati (giocattoli, articoli per puericultura, rivestimenti per automobili, accessori ospedalieri, oggetti di plastica morbida, scarpe, materiali edili impiegati nelle abitazioni, vestiti, cosmetici, carta da parati, pavimentazioni mobili, pavimenti in vinile, articoli medici ( sacche di sangue...), cosmetici, oli essenziali per profumi di ambiente ...). Gli ftalati non restano legati alla plastica in modo permanente, ma con il passare del tempo tendono a fuoriuscire ed a disperdersi nell'ambiente, dove rimangono in modo permanente non essendo metabolizzati e/o neutralizzati dai microrganismi. Per questo si trovano un pò dappertutto nell'acqua e nel cibo, nell'aria di casa, nel latte in polvere e persino nel latte materno. Regolamentazione e limiti di legge In Europa, gli ftalati più tossici (tra cui il DEHP) sono vietati nei giocattoli per i bambini fino a 3 anni e il loro uso è drasticamente ridotto (non più del 5%) nelle plastiche a contatto con gli alimenti Effetti sulla salute Gli studi di laboratorio e recenti ricerche sull'uomo associano un'elevata esposizione con rischi per il feto (parto prematuro, basso peso alla nascita), alterazione dell'equilibrio ormonale (estrogeni, testosterone, tiroide), infertilità maschile, endometriosi. BISFENOLO A Nelle materie plastiche (policarbonato) e nelle resine ovvero in biberon, stoviglie (piatti, tazze, bricchi, insalatiere e bicchieri di plastica), stoviglie per forni a microonde, recipienti, rivestimento delle lattine per alimenti , bottiglie per l'acqua e il latte con vuoto a rendere. Regolamentazione e limiti di legge La regolamentazione del bisfenolo A è tuttora sotto esame; nella sua opinione del 2006 l'EFSA raccomanda come assunzione massima tollerabile 50 microgrammi per kg di peso al giorno (cioè 0,30 mg per un bambino di 6 kg e 3 mg per un soggetto di 60 kg): tuttavia questi valori potrebbero essere rivisti alla luce di nuovi studi. Effetti sulla salute Considerato soprattutto una sostanza estrogenica, ma con possibili effetti anche sulla tiroide, gli studi di laboratorio e recenti ricerche sull'uomo associano un'elevata esposizione con rischi di abortività, alterato sviluppo fetale con ricadute a lungo termine sulla salute (infertilità, sistema nervoso). RITARDANTI DI FIAMMA I ritardanti di fiamma bromurati (ad es. il gruppo di PBDE) sono sostanze utilizzate nei beni di consumo dove si può ipotizzare un rischio di incendio e si utilizzano nei prodotti elettronici, nella gommapiuma per tappezzeria, nei tappeti, nel settore tessile, nei materiali per costruzione... Alla fine degli anni 80 alcuni paesi europei decidono di limitarne l'impiego e l'Agenzia per la protezione dell'ambiente tedesca ha esaminato la tossicità di 13 ritardanti di fiamma individuando tre sostanze che secondo gli esperti creano meno problemi all'organismo. Una parte dell'industria elettronica da tempo si è attivata per eliminare i ritardanti di fiamma dalle custodie di plastica, sostituendo le custodie di plastica con scatole di metallo o sostituendo i componenti sotto accusa con altri ( silicone, resine con azoto ). Regolamentazione e limiti di legge Produzione ed uso di alcuni PBDE, identificati come particolarmente a rischio (penta- e otta-PBDE) sono vietati in UE. Per gli altri ritardanti di fiamma bromurati non ci sono limiti di legge di utilizzo nei prodotti; per tutti i PBDE non ci sono limiti di presenza negli alimenti Effetti sulla salute I ritardanti di fiamma bromurati bioaccumulano nei grassi e quindi possono persistere nell'organismo ed essere rilasciati nel latte materno. I principali effetti, associati ad alterazioni della tiroide ed ai meccanismi di regolazione del bilancio ormonale, indicano un possibile rischio soprattutto per neonati e bambini; tuttavia gli effetti sull'essere umano sono ancora poco studiati
Fonte: Ausl/Modena

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